Marok & Edda: Noio; volevam suonar…

Soli se la cantano e solo se la suonano! E memo male, aggiungo io. Un Basso, una voce, un iPad e un Mc mini e il gioco e fatto! Semplice, ma solo se dietro ci sono due delle menti più creative dell’intero panorama rock alternativo e non italiano. In un momento di crisi storica che potrebbe spalancare le porte a un futuro diverso, due artisti unici come Stefano “Edda” Rampoldi e Gianni “Marok” Maroccolo danno forma concreta al concetto che più di tutti mette in discussione le fondamenta stessa della società capitalistica. Incapaci di subire passivamente la stasi che il Lockdown ci ha imposto, si sono intrisi di follia creativa e hanno dato vita a un vaneggio musicale che ricorderemo come una delle poche cose belle che questo complicato periodo ci ha regalato.

Esce il 30 giugno Noio; volevam suonar., un inaspettato disco regalo di Edda e Marok pensato e realizzato con furia in piena quarantena. L’album sarà infatti disponibile gratuitamente sia nella versione digitale che in quella fisica (cd o vinile) semplicemente effettuando il pre-order entro il 15 giugno, sostenendo le sole spese di spedizione. E il 17 giugno arriva anche Alone vol. IV: sono dunque ben due le nuove opere di Maroccolo che usciranno quasi in contemporanea nel mese di giugno per la storica etichetta fiorentina Contempo Records.

“Gli chiedo un altro cameo per Alone vol. IV, una canzone bellissima. Detto, fatto! Mentre la finiamo, ci ritroviamo dentro al Corona. Cosa possiamo fare per noi stessi e per gli altri? Beh, facciamo un disco insieme e regaliamolo. Non essendo benestanti è l’unica possibilità che abbiamo, ed è inutile attendere tempi migliori, perché ora è il presente”dice Gianni Maroccolo. “Doveva essere una semplice blind date ma ora siamo in piena bukkake e la mia vita non sarà più la stessa. Il fuoco brucia ma anche purifica. Questo ci fa capire che se il cielo è triste poi arriva il sole” è il commento dissacrante di un artista romanticamente eversivo come Edda.

Noio; volevam suonar.è un album di canzoni di Edda arrangiate da Maroccolo, di canzoni di Maroccolo cantate da Edda, con l’aggiunta di cover, omaggi e bizzarrie varie, come ci si aspetta da un disco che nel titolo e nella copertina cita il celeberrimo dialogo cinematografico fra i fratelli Caponi (interpretati da Totò e Peppino De Filippo) e il vigile milanese in Totò, Peppino e la malafemmina di Camillo Mastrocinque. Spirito surrealista e attitudine punk per un disco lo-fi realizzato durante le rispettive quarantene, come dono urbi et orbi. A distanza fisica ma in assoluta vicinanza ideale.

Con l’aiuto di Edda proviamo a rovistare tra i brani

“MARANZA
Se la carriera di Ferretti parte dallo Zecchino d’Oro quella di Marok invece nasce allo Studio 54 di New York. Invettiva gratuita contro i Negramaro e tanto effetto placebo al gusto Giganti, Giardino dei Semplici, Collage e compagnia anni ‘70. Un prologo del genere in qualsiasi altro disco avrebbe invitato l’ascoltatore a lasciar perdere. Qua invece ci troviamo di fronte a un varco da attraversare per trovarsi immersi in un caleidoscopio di suoni ritmi e sensazioni. Bastano pochi  secondi e tutto parte nel senso compiuto, la voce tagliente e caustica di Edda si appoggia a un ritmo preciso e avvolgente costruito con maestria richiamando arie new wave di prima generazione.

SERVI DEI SERVI
Canzone manifesto dell’autonomia operaia scritta nel1979 pensando a Philopat del VIRUS. Nasce da unacanzone in 5/4 di Marok incantabile ma lui con un cacciavite
in mano fa miracoli. Al VIRUS erano vietatele cover dei Sei Pistola, pena il linciaggio. SuonammoPretty Vacant e tutti pogarono
. In un mercato d’altri tempi sarebbe stato il singolo, il 45 giri, destinato a tirare il resto dell’album più ermetico e introspettivo. Il puro basso rock di Gianni comanda da subito le operazioni per questo gioiellino destinato a restare nella mente di chi ascolta, sia per il ritmo incalzante e ipnotico, sia per il suo essere manifesto di un momento storico che nella sua contraddizione ci ha spinti a guardarci dentro e indietro.

NOIO
Luca Bernini voleva che si copiasse una canzone dei Baustelle (La guerra ė finita). Poi Marok che è sempre l’ultimo a sapere le cose ha dimezzato il tempo ma non sa che è un plagio. Un brano che ci prende per capelli e ci tira dentro un vortice di sensazioni che anche qui come in servi dei servi si aggrappano al tiratissimo basso e a tanto veleno sputato e rimato da una voce in ottima forma. In questo brano più che in altri si capisce quanto sia Gianni Maroccolo che Edda siano stati importati per la platea tutta di artisti venuti dopo, da Afterhours a Subsonica giusto per citare i gruppi matrice, senza addentrarsi nel sotto bosco di produzione minori.

STAI ZITTA
Canzone by Marok, lui scrive Musica seria poi io canto, se no chiama un altro. Per entrare in queste canzoni vado su strade nuove. È la storia di un ex brigatista che ha dei problemi con la moglie. Devozione a qualcosa che viene da lontano, ipnotico tappeto sonoro che aggroviglia la voce, canta i brividi che un sentimento anche masticato può creare.

MADONNINA
è una ninna nanna sull’amour fou, ritmata da imprecazioni “colorate”. Il cuore dell’album che pulsa sangue con frequenza regolare trascinandoci a guardare attraverso la coltre dei rumori sonori che si alternano a suono di chitarra leggero e sincero.


BEBIGIONSON
Liberamente ispirata a un brano di Daniel Johnston, che io pensavo fosse un amico nero di Marok, ma mi sbagliavo. Si parte da un impiattamento leggermente
meneghino, per finire a pecora sui Matia Bazar.
Edda canta l’Italia che muore con un piglio da rocker canonimo, ma si avverte un certo profumo di funky.


ESCE IL SANGUE DALLA NEVE
Canzone ripescata, scritta in collaborazione col poeta/musicista Ale Grazian. Quel giorno mi telefonò per dirmi che il mio arrangiamento faceva cagare e che lui aveva tenuto il vecchio. Quel giorno chiamò anche Marok e gliela rifilammo. Ne fece un capolavoro grazie anche all’intervento di Flavio Ferri dei Delta V. Una ballata in cui il nostro Edda vìola il confine delle nostre emozioni, dove la voce strumento penetra diretta nelle nostre vene per irrorarci di caustica dolcezza che solo lui sa cantare.


ACHILLE LAURO
Come la lettera dei fratelli Caponi a Teddy Reno, ecco la nostra al magnifico Achille. Una dichiarazione omo da cui Marok si dissocia, ma anche un tributo ai Profeti:aveva gli occhi verdi dell’amore. Nulla da aggiungere, se non lo sviscerato amore per questo controverso quanto originale personaggio da parte di Stefano

SOGNANDO

la musica di Gianni e la voce di Edda compiono il miracolo di trasformare una canzone di Don Backy in una traccia dai toni dark che riesce a mantenere vivo sia lo spirito dell’autore, sia quello di Mina che ne fece una versione famosissima, lasciando intatta la nota struggente  dell’originale. Un capolavoro all’interno di un grande album. Il mio brano preferito, in cui Edda vola tra le nuvole alla ricerca di quel  qualcosa che puntualmente sfugge, lasciando un vuoto che caustica le emozioni, tra accenni dark blues.


MANTRINO
Due mantra, autentici, provenienza Vaisnava, auspiciosissimi come un segreto a cielo aperto. Edda ci Manifesta il Krishna ch’è in lui. Sopito ma sempre pronto e che lo ha guidato fino a condurlo integro (o quasi) a oggi.


CASTELLI DI SABBIA
Una canzone di Claudio Rocchi. Stranamente sia io che Marok siamo legati a Claudio. Loro hanno fatto un disco insieme e io abito vicino alla casa dei suoi genitori e ascoltavo le sue trasmissioni su Radio Krishna Centrale. Un commiato sotto voce che sembra fatto apposta per lasciarci dentro quel languorino bulimico e ci spinge a tornare indietro e ricominciare.


Tutte le canzoni sono state concepite, fatte nascere e vestite da Marok, io non ho fatto una fava.”

“EDDA”

Perché in fondo i brani di Noio; volevam suonar. sono tasselli di un mosaico dei rispettivi vissuti, di ricordi, riferimenti culturali, affetti, malinconie. Un caleidoscopio che conferma l’indipendenza assoluta e la libertà creativa di Edda e Marok, due artisti in grado di aprire con una sincerità disarmante la propria sfera personale al pubblico, in una dimensione che restituisce davvero il senso di un regalo, del dono, del donarsi. Ma al tempo stesso, dalla messa in scena della dimensione intima emergono squarci del tempo che stiamo vivendo, l’esperienza collettiva di una crisi che lascia sgomenti.

GRAZIE DEL REGALO MAESTRI.

Roberto Pati