Shoe’s killin’ worm: Pensieri e Musica

Shoe’s killin’ worm ovvero; Luca Rossetti : Voce e chitarra. Marco Maruotti: Chitarra.
Gianluca Grazioli: Synth e chitarra.Mimmo Brunetti: Basso.Francesco Pece: Batteria. La band che nasce nell’anno 2004 (15 maggio 2004), sull’asse Foggia/Roma, in un inverno di poesie, vino e chitarre, in una macchina parcheggiata sotto la notte. Da due amici, Marco e Luca, le loro acustiche incastrate tra i sedili ed un walkman scassato per registrarle. Gli Shoe’s Killin’ Worm (“la scarpa sta uccidendo il verme”) nascono così. Il nome salta fuori da una sorta di esperimento dada, tagliando e incollando insieme titoli di brani di Charlie Parker, sparsi sulla schiena di un pianoforte.

Parliamo di un interessante progetto in quota Verdena. Una di quelle realtà che fanno innamorare della musica. I. Shoe’s killin’ worm hanno un punto di partenza stilistico ma che non si fossilizza in steccati predefiniti. Se della band dei fratelli Ferrari hanno la grinta compositiva che si manifesta anche in e soprattutto nei riff di chitarra e nel ritmo vocale. Cantautori come Daniele Silvestri influenzano il modo proprio di sciorinare pensieri e di approcciarsi nella parte più intimistica evidente in “Due Prede”, in cui si avverte concreto un desiderio di essere lievi. Una musica che guarda lontano, partendo da lontano e facendo tappe naturali . Aree quasi sinfoniche che si aggrappano a un Progressive neanche tanto celati come nel brano Nella Rete o in Siderale, più sperimentale e old, mentre in Favola Noir e Black Bloc e pregnante il loro tributo alla New Wave molto vicina a sonorità che si sono intrecciate con quel filone definibile e classificabile nel Post Rock, ma che in realtà è un calderone di sperimentazione globale di aree fuori dalle rotte consone come posso essere i Sigur Rose nello loro aree word, per arrivare per loro stessa ammissione al tortuoso territorio indie dei Radiohead che appare e scompare senza soluzione di continuità, senza tralasciare aree di influenza che riportano a progetti meno ermetici tipo Placebo e interpool piuttosto che Arcade Fire. per restare in superficie.

Una musica con un’anima poliedrica che nell’album F5 viene fuori mescolandosi a una vena poetica introspettiva e pregnante, i testi accarezzano argomenti senza scompigliare le coscienze, raccontano di stati d’animo in contrasto con se stessi, parlano di rapporti difficili e emozioni che restano chiuse in gola, più semplicemente di amore e vita.

Un gruppo i Shoe’s killin’ worm, che ha una maturità stilistica e professionale che si avverte dalle prime note. Nulla è casuale, nemmeno la progressione dei brani, che segue un ordine logico in cui chi ascolta ritrova spunti e sensazioni che credeva accantonate poco prima. Riff attenti e ritmica presente in tutto su un tappeto sonoro di sintesi che dà spessore solo quando occorre, voce che conosce il cantare, Musicisti che sanno di musica, cosa sempre più rara nell’era della musica fluida, dove a volte bastano un paio di software per costruire capolavori presunti che durano il tempo di un battito d’ali. se siamo qui a parlare in questi toni di un album uscito nel 2017, vuol dire che sotto le fondamenta sono solide.

“In dieci anni di attività, gli Shoe’s hanno diviso il palco con diversi gruppi della scena alternative rock italiana, quali Giardini di Mirò, Offlaga Disco Pax, Nomadi, Folkabestia, Bud Spencer Blues Explosion, Perturbazione e 99 Posse e con alcuni cantautori come Panceri, Sepe, Cristicchi, Ivan Segreto, Diego Mancino, Andrea Appino, Edda, Erica Mou,Giorgio Canali,Umberto Maria Giardini, Mauro Giovenardi, Marina Rei”

Non lasciatevi desiderare ancora troppo a lungo.

Roberto Pati