Progressive Italia: Faber in “LA”

di F.G. Longo –

Estate 1997.
Chitarra, falò in spiaggia, giri di Do, libro con gli spartiti di oltre 300 hit italiane. I fogli pieni di lettere, le prime poesie, i cantanti più gettonati: il primo Battisti ma anche De André. Che all’apparenza è facile da suonare. Tutto con un un’accordo.
L’accordo di cui parlo, è il LA minore.
Neo patentato, la Regata 70 S di papà, aveva un Autovox che divorava musicassette: Dalla, Battiato, Compilation registrate negli studi della Radio e appunto, De André.
Cassette su cassette
La stanza al mare ancora oggi la ricordo , Multifilter Azzurre fumate una dietro l’altra, Dreher bevute a casse, come se la fine del mondo fosse una questione di minuti. E avevo bisogno di stare con me stesso e con il mare.
La Regata alcova di storie d’amore o avventure adolescenziali.
Buona parte delle volte con il buon Faber a fare da colonna sonora.
Leggevo i testi scritti a penna o ritagliati dal giornale. Non li capivo i testi di Faber.

  • È un poeta! Sussurrava con una voce sottile Eleonora, genovese come Faber e con accento francese per via della madre.
  • Non riesco a comprendere i suoi testi.
    Devo rileggerli.
    Strimpellavo, , quindi avevo una vaga idea di cosa fosse un accordo minore piuttosto che maggiore, tuttavia la malinconia di quel LA- presente in molte delle canzoni di De André (Bocca di Rosa, Un Giudice, Via del Campo, solo per citarne alcune) l’avevo in qualche modo già inquadrata, e la sentivo su di me come l’ombra di qualcosa di tragico
    Qualche anno più tardi mi ritrovai a suonare la chitarra in spiaggia, suonavo: De André.
    Brani conosciuti, ma anche e soprattutto quelli meno noti al grande pubblico.

E ogni volta che dalla mia “sei corde” usciva fuori un LA-pensavo a me stesso. Alle mie paure, ai miei conflitti. Ai confini che avrei dovuto oltrepassare per arrivare nei bassifondi dell’anima.

“Di che cosa ho paura?” Mi ripetevo.
Della solitudine. Del silenzio, del mio carattere, delle mie inquietudini.

la vecchiaia lucida, così come la chiamavi tu, non so se la saprò aspettare. Tu non te la sei goduta.

Sono già passati più di vent’anni.
E i tulipani all’ombra del fosso sono diventati il tuo giaciglio.
Da te ho imparato a sentirmi grande e a non sentirmi solo, quando sono con me stesso.

L’Autovox e la Regata non ci sono più. Eleonora ha un amore di nome Andrea.
Ma Radio Faber trasmette ancora. Le cassette le ho passate su supporto usb.
La chitarra non ce l’ho più. Ma il La minore è come per la bicicletta. Quando lo impari non lo dimentichi più.