
Wlav, in “Music that’il send you Straight to Hell Vol. Two“; crea qualcosa di indefinito
un embrione che si dibatte nel suo liquido amniotico, incerto se spingersi a sondare l’universo o sprofondare nell’oblio nel suo stadio di non ancora esistito. Suono senza direzione che inquieta e nell’estatica dimensioni crea fisico dolore.
Suono che si attorciglia alla semi ombra permanente che in Genesis Non lascia speranza. Ombra che assapora luce in Holy Wat, ombra che senza darsi pace cerca i perché assoluti in Eat Meat.
Ha masticato e fagocitato l’elettronica dai suoi albori. Ha fatto propria la lezione dai Kraftwerk in poi elaborandola, fino a renderla funzionale al post noise quasi chimico, frutto di una visione caleidoscopica del suono, asettico e tagliente, che nel suo essere sporco ci catapulta nel mondo del poi tra macerie e e relitti del tempo, in attesa del nostro inferno.