The Clash: Bologna, Piazza Maggiore 1 Giugno 1980

Ed ecco che all’improvviso smette di piovere ed il pubblico, travolto dal treno in corsa di ‘Clash City Rockers’, inizia a pogare ed ondeggiare vertiginosamente: trascinati da questo mare umano in tempesta, ci spostavamo rapidamente da un estremo all’alto del palco, perché era impossibile restare fermi. Dopo un paio di brani decidemmo di retrocedere di un paio di file, per poter assistere un po’ più tranquillamente (?) al concerto. Finalmente fu possibile concentrarci su ciò che avveniva sul palco: Mick Jones corre e salta in lungo ed il largo imbracciando la sua Gibson Melody Maker, Paul Simonon, gigante col suo basso Fender all’altezza delle ginocchia, ondeggia dolcemente ed appare più statuario e dinoccolato; Joe Strummer, con la sua voce al vetriolo, urla al mondo ai suoi piedi le sue storie di periferie urbane, accompagnandosi con la sua Telecaster decorata da adesivi colorati e stelle a cinque punte. Dopo un paio di brani arriva anche Topper Headon, riuscito fortunatamente a divincolarsi dalle trappole delle autostrade attorno a Bologna ed il concerto decolla definitivamente.

Non è facile descrivere le nostre sensazioni, ma di certo posso ammettere che l’emozione, la carica e l’energia emanata da quel palco e che veniva riversata sul pubblico come un fiume in piena, l’avrei ritrovata poche altre volte nella mia trentennale esperienza di concerti. I brani si susseguivano senza sosta, solo il tempo di un veloce cambio di chitarra, brani che a breve sarebbero entrati di diritto nella storia del rock: Clampdown, Police and Thieves, Train In Vain, Guns of Brixton in cui Joe Strummer suona il basso per cedere la chitarra ed il microfono a Paul Simonon.
Da qualche parte ho letto che la maggior parte delle rock band hanno a malapena un front-man, mentre i Clash ne avevano tre. Concordo pienamente con questa affermazione, senza però sottovalutare le grandi doti di Topper Headon, sicuramente una solida base su cui gli altri tre poggiavano la costruzione dei loro brani.
Dopo due ore e mezza di grande musica, di salti, di ritmi reggae e di brividi, il concerto finisce e con i miei amici ci scambiammo sguardi complici e sorrisi smaglianti, ancora increduli per essere riusciti ad assistere ad uno spettacolo incredibile ed indimenticabile.
Stremati da una serata così emozionante, decidemmo di rientrare immediatamente, prendendo un treno notturno, senza fare i biglietti, sperando di confonderci con i tanti ragazzi provenienti dal centro-sud che affollavano i vagoni. Dopo meno di ventiquattrore, eravamo di nuovo a casa, ma niente per noi sarebbe stato lo stesso. Eravamo cresciuti, volevamo cambiare le nostre vite grazie alla musica, grazie ai Clash.