Giorgio Canali: il Duemila Venti è salvo!

di Roberto Pati –

L’ indisciplina è una forma perfetta di libertà.

Si parte dalle comete per endovena fino ad arrivare ai frammenti di sputnik su cui esprimere desideri. Ancora una volta Giorgio Canali e i fedeli Rossofuoco si pongono controcorrente. Nel tempo in cui le uscite si centellinano col conta gocce, lui ne sforna Venti, tutti insieme. Un album completo dove come al solito si scorge rabbia introspezione, forza e voglia di cambiare la desiva in cui siamo finiti. Nonostante le difficoltà pratiche, musicalmente torniamo ai livelli altissimi di Nostra Signora Della Dinamite, con una irrefrenabile voglia di Suonare, come ormai pochi sanno fare. Si salta senza soluzione di continuità per generi senza per questo voler essere catalogatore, ma penso che un disco del genere andrebbe fatto studiare a tutti quelli che si avvicinano alla musica per la prima volta, ma anche a quelli che con non poca presunzione si sentono arrivati. Blues a vagoni, ma anche new wave, tex mex e del puro e sano rock and roll che ci fa sfondare il tempo. È perfettamente inutile soffermarci sui singoli pezzi, sono tutte delle perle di una collana costruita per durare nel tempo. “I soliti quattro accordi di merda…” Ad avercene di soliti quattro accordi di merda,  fatti in questa maniera, inoltre in alcuni frangenti ha aperto le porte a chi volesse curiosare nel suo mondo senza per questo scadere nel banale.

Nessuno è al sicuro, perché un motivo per morire si trova sempre, perché il tempo passa ma resta l’immutabile e l’omologazione dilaga, il controllo comunque anche! Tutto e tutti inutili e irrilevanti, come le fughe impossibili, perché siamo noi nostri peggiori nemici di noi stessi, ormai schiavi di un pensiero di libertà apparente chiuso in un telecomando, ad ascoltare canzoni inutili con ritornelli stupidi, per anestetizzarci dal presente e da un idea di libertà apparente, asetticca. Mentre la rabbia monta dentro, pronta ad esplodere contro il vento e non sono certo i gatti neri la nostra malasorte, in questo tempo  in cui   è vietato anche sognare, perché chi si addormenta muore.In mezzo a tanti concetti che per qualsiasi altro artista basterebbero per una carriera, un amore che si accuccia, scoppia e si riforma in una staticità perenne abbandonata al tempo cinico e inesorabile. Venti è un album affilato come un bisturi e tagliente come un macete, sciorina pensieri senza darci il tempo di pensare, un concept che ci avvolge lasciandoci senza fiato, come un ritornello sguaiato a libitum.

Grazie Giorgio  almeno musicalmente il DuemilaVenti è salvo!

 “Venti” è nato durante il Grande Panico Globale del 2020, all’inizio di marzo. Isolati e confinati nei nostri rispettivi ambienti domestici, rifiutandoci di partecipare alle farse consolatorie dei miniconcerti in streaming e alle balconate pomeridiane, abbiamo iniziato a registrare, ognuno con i propri mezzi, spunti e idee e abbiamo cominciato a scambiarceli. È un album figlio dei nostri tempi disgraziati e delle connessioni internet ad alta velocità. È la prima volta che un album di Rossofuoco non nasce (per la maggior parte) da improvvisazioni registrate e poi strutturate in forma canzone, è la prima volta che non ci si guarda negli occhi suonando insieme nella stessa stanza. È il tanto conclamato “smart working” che pian piano, nel giro di un paio di mesi, ha generato questa doppia raccolta di inediti. La creazione si è intrecciata in maniera strana, siamo partiti da spunti individuali che sono diventati canzoni ed ognuno di noi ha contribuito a far scoccare la scintilla, nessuno escluso, per qualche pezzo siamo anche partiti da spunti di batteria o di basso, da intrecci di chitarre, qualche volta da canzoni già complete di testo abbozzate da me. All’inizio del gioco avevo chiare solo due linee guida che riguardavano i testi: la prima che l’album sarebbe stato un omaggio alla canzone d’autore degli anni sessanta/settanta e che in ogni pezzo ci sarebbe stata, evidente o nascosta a mo’ di easter-egg, almeno una citazione, paracitazione o parafrasi rubata a qualcuno dei cantautori che negli anni mi hanno insegnato a scrivere. La seconda era che non avrei assolutamente parlato della distopia materializzatasi in questo presente, quasi a voler sostenere che tutto quello che stava e sta succedendo non esisteva e non esiste. Per ciò che riguarda il primo criterio non ho assolutamente avuto problemi a nascondere qualcosa di prezioso e non mio in ogni canzone (a proposito, buona caccia!), un po’ più difficile invece, anzi impossibile, è stato evitare di raccontarmi ignorando l’attualità. Eh no, non ce l’ho fatta, è stato più forte di me. Così, fra chitarre registrate da Stewie che era bloccato a Miami, batterie sarde riprese da Luca in studio e anche nell’orto, bassi bolognesi e parole e chitarre nate a Bassano del Grappa dove ho passato tutto il periodo di segregazione, è venuto fuori un album doppio. Andrea ha messo qualche violino dalla sua stanza romana e io ho impacchettato frettolosamente il tutto per spedirlo a Francesco che ha mixato in bella copia tutto il lavoro dalla Toscana. Per la copertina mi piaceva l’idea che ci fosse una continuità con l’album precedente e Martina ha tirato fuori per l’occasione un altro dei suoi quadri virtuali. Continuità: il titolo “Venti” d’altronde ha come sottinteso “canzoni di merda” è ovvio. Buon ascolto GC

Accanto a Giorgio da Bassano, Stewie Dalcol  da Miami (chitarre e piano), Luca Martelli dalla Sardegna  (batteria) e Marco Greco da Bologna (basso). . Diego Piotto e Francesco Felcini hanno invece mixato tutto dalla Toscana.