Festival di Montreux

di F.G. Longo –

1967 la prima edizione del Festival di Montreux, un appuntamento musicale divenuto immediatamente uno dei più prestigiosi del mondo: se già all’esordio si avvicendarono sul palco mostri sacri come Ella Fitzgerald, Keith Jarrett, Nina Simone, Weather Reports, anche negli anni seguenti il parterre del Festival continuò a vantare la presenza dei più grandi musicisti del pianeta nei generi jazz, blues, R&B, soul. In una cornice del genere non poteva mancare Etta James (1938-2012), che infatti nell’estate del 1975 arriva a Montreux per il suo primo concerto europeo. Per tutti «Lady soul», Etta James è stata la sontuosa interprete di perle come «All I could do was cry», «The Wallflower», «At Last», «Tell Mama», «Something’s got a hold on me», «I’d rather go blind», protagonista di una carriera straordinaria: quaranta album pubblicati, vincitrice di sei Grammy Awards e diciassette Blues Music Awards, ventiduesima tra le cento voci migliori di tutti i tempi secondo la rivista Rolling Stones. Una leggenda.ndimenticabile esibizione di Etta James, la «Maradona del soul»Quella sera si presenta una leonessa strafatta, appesantita, smarrita, il volto imperlato di sudore, le guance rosa. Smorfie da clown stravolto, un frame estrapolato dal manuale dell’autodistruzione.

Montreux 1975: l’indimenticabile esibizione di Etta James, la «Maradona del soul»
Quella sera si presenta una leonessa strafatta, appesantita, smarrita, il volto imperlato di sudore, le guance rosa. Smorfie da clown stravolto, un frame estrapolato dal manuale dell’autodistruzione.

Risale al 1967 la prima edizione del Festival di Montreux, un appuntamento musicale divenuto immediatamente uno dei più prestigiosi del mondo: se già all’esordio si avvicendarono sul palco mostri sacri come Ella Fitzgerald, Keith Jarrett, Nina Simone, Weather Reports, anche negli anni seguenti il parterre del Festival continuò a vantare la presenza dei più grandi musicisti del pianeta nei generi jazz, blues, R&B, soul. In una cornice del genere non poteva mancare Etta James (1938-2012), che infatti nell’estate del 1975 arriva a Montreux per il suo primo concerto europeo. Per tutti «Lady soul», Etta James è stata la sontuosa interprete di perle come «All I could do was cry», «The Wallflower», «At Last», «Tell Mama», «Something’s got a hold on me», «I’d rather go blind», protagonista di una carriera straordinaria: quaranta album pubblicati, vincitrice di sei Grammy Awards e diciassette Blues Music Awards, ventiduesima tra le cento voci migliori di tutti i tempi secondo la rivista Rolling Stones. Una leggenda.

UN’INFANZIA CHE SEMBRA LA NEMESI DEL SOGNO AMERICANO. LA DIPENDENZA DALL’EROINA

Ma la sua non è stata un’esistenza fatta solo di paillettes e luci scintillanti. Svezzata precocemente da un’infanzia che sembra la nemesi fatale del sogno americano, Etta cresce soprattutto con una serie di genitori adottivi; la divora presto il rimpianto di un padre mai conosciuto – anche se lei era convinta fosse il campione di biliardo Rudolf «Minnesota Fat» Wanderone – e l’invadente lontananza di una madre problematica, così assente che lei stessa la chiamava «Mistery Lady».

Inizia a cantare a cinque anni in una chiesa battista di Los Angeles dove il maestro del coro, fine educatore, ha l’abitudine di prenderla a pugni sul petto per «far uscire la voce dall’intestino», così diceva quell’infame. È segnata anzitempo dagli abusi subiti da uno dei patrigni, un’anima nera col fiato greve di whisky a buon mercato, uno che durante le sue partite notturne a poker la svegliava e la percuoteva obbligandola ad esibirsi per la sua ottusa bisca improvvisata.

Lei ancora bambina, mezza addormentata, impaurita, qualche volta costretta a cantare col pigiama bagnato di pipì. Non sopporterà mai più di cantare su richiesta, neanche molti anni dopo, quando già irrimediabilmente avvinta dalla fama delle copertine, delle folle, delle adulazioni, delle feste tristi.

Scoperta da Johnny Otis che all’inizio degli anni Cinquanta la lancia col gruppo The Creolettes, nel 1961 Etta trova il successo internazionale con l’indimenticabile At last, ma allo stesso periodo risale l’inizio della dipendenza dall’eroina. Straripante e sregolata, la cantante comincia presto il dentro e fuori dai centri di rehab, a falsificare le ricette mediche per procurarsi gli antidolorifici ingurgitati come caramelle, a scolare bottiglie e bottiglie di metadone, a firmare assegni scoperti.

Arrivano poi il carcere, la cocaina, le paranoie, l’obesità, il cortisone, le benzodiazepine. Alloggi improvvisati e bende gastriche al posto della cintura, mostri e rimpianti, spreco e necessità. Fuori controllo.

Racconta nella sua autobiografia Rage To Survive: The Etta James Story (scritto con David Ritz), di rendersi conto di star per affogare in un abisso di fango quando si ritrova a praticare sesso orale ad un ottantenne per procurarsi una bustina di «roba». La nebbia.


Da SPAZIO 70