Emanuele Tondo. L’anarchia musicale.

di Roberto Pati –

In definitiva si tratta di ideologia musicale, un soffio di arte discreta che rifulge definitiva. Emanuele Tondo, affresca delle trame sonore assolute, ripercorre sentieri creativi fino a trovarne la giusta traiettoria, sia che si tratti di astrattismo sintetico piuttosto che un jazz d’annata discreto e centrato. Sicuramente un artista per palati fini, per chi cerca nella musica emozioni strutturate e durature, attraverso il presunto effimero del suono sussurrato e mai brandito o ostentato. Nei brani cantati si accosta alla poetica lieve, propria di Nicolò Fabi, senza disdegnare panorami più indipendenti da inquadrare in un’ottica di ricerca volubile e articolata. Grande musicista e lo si sente dalle prime note, si avverte concreta la sua formazione classica e il suo amore per un jazz di contaminazione fusion, dove non disturba affatto l’uso dell’elettronica dosata con criterio e intelligenza stilistica, molto vicina a Brian Eno, per esempio, ma anche all’ardore compositivo del miglior Marco Parente. Dai miei Pensieri, è stato una sorta di viaggio sospeso tra l’empirico e la ratio, sempre in bilico per una concezione creativa che accennava ad altro l facendo un po’ il punto su cosa sarà il futuro. Attraverso fiati corposi e arie senza tempo accompagnate come in Vitreo Liquido ( vero gioiellino) dalla voce celestiale di Olesea Melnic, piuttosto che in Peccato di vanità, dove la lucida introspezione si manifesta attraverso un suono in bilico che cerca di penetrare un universo più rock, mentre in Tempi di vetro si cimenta in una pura poesia sonora.
Tornando ai giorni nostri, riscopriamo un Emanuele Tondo, concreto e sperimentale, che gioca col blues insieme a Irene Parabita, in River, mentre in Deep Reed, reinventa melodie schizofrenico elettroniche, vagamente retrò. Come whit me infine si prefigura quasi come una sintesi perfetta della sua produzione, dove elettronica, jazz e fusion si shekerano in un perfetto mix stilistico, unico. Emanuele Tondo ha deciso di asplorare il progressive e ci guarda dentro con puntiglio, di scandagliare l’elettronica nella sua forma più artistica inusuale e complessa. Emanuele Tondo sa cosa vuole e come raggiungerlo, detesta i compromessi e non si guarda intorno, tanto da non dare riferimenti stilistici a chi ascolta, a chi a deciso di scoprire il suo io per quello che è.
Emanuele Tondo nasce a Galatina (LE) il 28/08/82
Inizia il suo percorso musicale all’età di 15 anni studiando al Conservatorio Tito Schipa di Lecce nel quale si è diplomato nel 2004 con il massimo dei voti. All’età di 22 anni inizia a suonare con musicisti salentini e si perfeziona studiando ai seminari di Siena jazz e a Roma con maestri del calibro di Kenny Barron.
Successivamente si trasferisce a Bruxelles suonando in importanti jazz club come il Sounds Jazz Club. Nel 2009 si trasferisce a Vicenza suonando nel quartetto di Carlo Atti, poi Monza.
Il resto è da scrivere.