Anédone: la sostenibile leggerezza della musica.

di Roberto Pati –

Anédone è qualcosa che viene da lontano, che non si può improvvisare tanto è alto il range culturale presente nei loro lavori. Nei testi colti, si percepisce l’amore e la cura per le parole, per nulla casuale visto la provenienza da studi classici, non per niente ci troviamo dentro, Agota Kristof, Martin Luther King e altro.

Ho iniziato a conoscere Anèdone con l’ultimo loro pezzo,” Se questa è”, solo successivamente, spinto da una sorta di bulimia verso la loro musica mi sono avventurato ad ascoltare anche “La superficie delle cose”. Un disco che mi ha fatto male, ma tanto male, nel senso buono del termine, come un bacio alla sprovvista, un gol all’ultimo minuto, quelle cose lì che danno i brividi sinceri. Ho ascoltato il resto cercando affinità e influenze… De Andrè, Fabi, Massimo Volume, Pfm, Teatro degli Orrori, Csi?????? Chi più ne ha più ne metta. Poi a “Babbo in prigione”, mi sono arreso. Ho capito che nel loro lavoro c’era, masticato e digerito tutto il meglio della musica italiana degli ultimi quarant’anni miscelato alla perfezione. Musica elegante da new psichedelic con sprazzi di etno, e new age da farla sembrare futile. Tutto si muove tra equilibri di chitarre sussurrate e percussivi preamboli che rimbalzano senza soluzione di continuità, in un ritmo incalzante nato per accompagnare le parole per dargli forza ma forse anche un po’ di coraggio. Mi sono fermato un attimo a pensare se tutto questo poteva veramente essere frutto dell’intuizione di un momento, un parto spontaneo estraneo all’idea. No! Il nostro Francesco “Franz” Martinello, esordisce sì da solista nel 2019, ma dietro di sé ha tanta musica suonata sudata e archiviata nei solchi delle emozioni. Ha iniziato a muoversi musicalmente nel post-punk veneto degli anni ’80 (“End of Carnival”), poi ha proseguito in Friuli (“Cape Canaveral Polaroid”,“PNGazers”); nel mezzo, alcune parentesi folk-acustiche (“Tarantàs”) e altre più strettamente cantautorali (“La Cattiva Strada”).

Nulla è banale, tutto trasuda eleganza e desiderio di ascolto, va oltre la narrazione ritmica della prosa di Emidio Clementi, non rincorre G.L.Ferretti, taglia una linea diagonale che ovatta le emozioni ricamandoci su un tappeto sonoro raffinato e mai banalmente fine a se stesso grazie anche all’aiuto di Francesca Covre alle chitarre e cori e a
Giacomo Iacuzzo alle percussioni, campionamenti e drums.

Sento “Se questa è”, non vi nascondo che all’inizio mi sono detto: ecco un altro clone di Francesco Bianconi (grande artista), anche se nel finire si avverte un certa nota post punk(Fiumani?). . Poi riascolto …. e capisco che è un CAPOLAVORO. altro che anedonia!

“I have a dream”…intanto è la tua musica a farci sognare caro Franz!